Territorio
La Villa il Canonico è posta nel sud della regione Marche, il cui territorio molto particolare è compreso tra l’Appennino a ovest e il mar Adriatico a est, con una sequenza ininterrotta di valli solcate dai fiumi e di crinali spartiacque da nord a sud, su cui sono adagiati inumerevoli borghi medievali.
Prima però di parlarne, ci vogliamo soffermare su una parte di questo territorio, quello del leggendario Parco Nazionale dei Monti Sibillini, uno scrigno di natura, tradizioni, storia e leggende sorte nel medioevo e legate a due luoghi ben precisi che li hanno resi celebri nel mondo.
Il primo è la grotta sul monte della Sibilla, da cui il nome della catena montuosa, dove la veggente si rifugiò e vi ricostruì il suo regno circondata dalle sue mitiche ancelle, le “fate”, dopo che al tempo dei romani, Dio la scacciò dall’antro di Cuma. Allora, gli imperatori andavano a consultarla prima di compiere le loro gesta, mentre nel medioevo schiere di avventurieri, nobili cavalieri, studiosi, letterati e religiosi si recavano dalla Sibilla alla ricerca dei suoi responsi e nonostante fossero solo in pochi quelli che potevano poi oltrepassare il vestibolo della grotta e andare al suo cospetto, sia la storia che i luoghi, furono per prima divulgati in tutta Europa, grazie all’opera, del XIV sec “Il Guerrin Meschino” del toscano Andrea da Barberino. Poi per il clamore suscitato, essi furono visitati di persona nel 1420 e 1440 dal cavaliere e scrittore francese Antoine de la Sale che ne fece una accurata descrizione nel capitolo “Il Paradis de la Reine Sybille” all’interno dell’opera La Salade conservata nella Biblioteca Nazionale di Parigi, inviato dalla Duchessa Agnese di Borgogna madre del re di Francia.Nel 1453 poi compare in Germania la versione tedesca della storia italiana, nel poema Die Mohrin di Hermann von Sachsenheim che narra della leggenda sorta intorno al cavaliere Tannhauser, dopo il suo ritorno dalla quarta crociata del 1228. Egli, infatti, avrebbe trovato il Monte di Venere e il suo regno sotterraneo in una grotta, sicuramente nel suo viaggio al seguito dell’imperatore Federico II, nato a Jesi nelle Marche. Mentre passava lungo l’Adriatico per imbarcarsi a Brindisi e raggiungere la Terra Santa, venne a conoscenza del monte della Sibilla e probabilmente vi si recò; forte è ancora il ricordo tra le popolazioni montane del cavaliere che fece visita alla grotta. Questa storia fu poi ripresa e musicata anche da Wagner; Ludovico Ariosto, Flavio Biondo e Leandro Alberti ne scrivono le vicende, mentre Goethe così ne parla nel quarto capitolo del Faust: “Grandi sono le forze della montagna; là la natura libera agisce con strapotenza; la stupidità dei preti condanna ciò come una stregoneria”. Quindi la Sibilla dopo aver attirato per due millenni con un fascino sinistro ed ambiguo una moltitudine umana, continua ancora oggi ad esercitare un forte richiamo su escursionisti, turisti e curiosi da tutto il mondo, facendo calare un alone di mistero sulla scomparsa negli anni 80, della baronessa di Rothschild, moglie del potentissimo banchiere inglese, e della sua accompagnatrice Gabriella Guerrin che per strana coincidenza della sorte, ci rimanda al Guerrin Meschino di VI sec prima in quanto, dopo il responso, se cedevano alle sue tentazioni erano condannati alla perdizione eterna senza far più ritorno.
L’altro luogo è il Lago di Pilato, dove si inabissò il corpo del Prefetto Romano. Infatti si narra che Ponzio Pilato, tornato dalla Giudea a Roma, fu condannato a morte e il suo corpo maledetto fu posto sopra un carro trainato da bufali infuriati che lasciati liberi, lo trasportarono sui monti Sibillini ed essi dalla cima del Redentore, sopra al Pizzo del Diavolo, si scagliarono nello stupendo lago di origine glaciale posto a 2000 mt di quota e da cui prese il nome. Il sangue di Pilato poi si trasformò in un crostaceo rossastro (chirocefalo marchesonii) che si trova solo in questo lago e che nuota sul dorso ricordando il cadavere del deicida. Chi si dirigeva alla Grotta della Sibilla vedeva anche il lago con le acque tempestose, che sovrastato dalla cima più alta del parco, il monte Vettore 2476 mt, divenne meta di maghi, streghe, negromanti, alchimisti, predicatori ecc. che credendolo abitato dal demonio, lo evocavano per consacrare misteriosi libri del potere affinché divenissero magici. Il Papa vietò l’accesso al lago pena la morte, facendovi erigere dei muri a secco e ponendo delle forche a monito sui valichi di accesso da cui i tanti toponimi forca di presta, forca viola, forca di gualdo, forca canapina, ecc.
Scendendo dall’Appennino incontriamo le dolci colline marchigiane, che si sposano con l’azzurro mare Adriatico ricco di spiagge dorate, in particolare quelle della Riviera delle Palme(San Benedetto-Grottammare-Cupra Marittima tutte e tre bandiera blu, oppure con i promontori del Conero e del san Bartolo con baie, spiagge, grotte e scogli naturali raggiungibili solo dal mare.
Questo territorio nell’antichità era abitato dal popolo dei Piceni che avevano in Ascoli e Cupra i loro maggiori centri politici e religiosi. Il loro nome derivante dal picchio, uccello sacro a Marte dio della guerra, ci rivela la natura guerriera di questo popolo che riuscì a fermare l’invasione nel 390 a.c. dei Galli Senoni di Brenno sul versante Adriatico, cosa che non era riuscita nemmeno ai romani sul Tirreno, creando dopo la sorpresa iniziale una linea difensiva sul fiume Esino a nord di Ancona. Successivamente i romani nel loro piano di espansione, vista la forza dei Piceni vi si allearono riuscendo a sconfiggere tutti gli altri popoli italici(etruschi, umbri, sanniti, galli ecct.) nella Battaglia delle Nazioni del 295 a.c.
Negli anni successivi i Piceni si accorsero però che questa alleanza aveva aperto il loro territorio alla romanizzazione, quindi ruppero l’alleanza e si prepararono allo scontro finale, nella piana del fiume Tronto nel 268 a.c. ma ormai era troppo tardi. I due eserciti infatti si annientarono a vicenda ma i Romani potevano disporre di altre forze prelevate dai territori già conquistati e cosi continuò la romanizzazione del Piceno che comunque mantenne molti privilegi derivanti dalla vecchia alleanza.
La mancanza della cittadinanza romana porto’ però alla guerra sociale del 90 a.c. dove tutti gli ex popoli italici si allearono contro Roma iniziando le ostilita propio ad Ascoli dove i romani furono trucidati. Alla fine i romani vinsero militarmente ma furono sconfitti politicamente e costretti a concedere la cittadinanza. Il territorio attraversato da due strade consolari la n3 Flaminia a nord e la n4 Salaria a sud che collegavano l’Adriatico a Roma, in età imperiale fu diviso in due con la parte sud della regione che divenne la “V Regio” con il nome di Piceno e la parte nord la VI Regio. Essa si arricchi di nuove citta’ e monumenti sotto la pax romana in quanto parti del suo territorio veniva anche dato ai legionari che andavano in pensione.
Succesivamente la regione fu preda dei popoli barbari che invasero l’Italia; riconquistata dai bizantini, fu divisa in due in seguito all’occupazione dei Longobardi arrivati nel 568 d.c. che organizzarono Regno in Ducati. Il ducato di Spoleto sull’Adriatico andava dal fiume Musone sotto Ancona fino a Chieti e al fiume Sangro a sud ed era diviso in gastaldati, mentre la parte nord rimaneva ai bizantini.
Nel 774 d.c fu la volta dei Franchi a prendere il potere e all’interno del Ducato di Spoleto, sull’Adriatico costituirono la Marca Fermana riunendo i vari gastaldati longobardi sempre dal Musone al Sangro, mentre la parte mord fu donata alla chiesa formalmente.
Dopo il 1000 anche in Italia arrivarono i temuti Normanni, o “Vichinghi”. Essi, dopo aver conquistato tutto il territorio del sud Italia che apparteneva agli Arabi, ai Bizantini e al ducato longobardo di Benevento, nel 1061 attaccarono la Marca Fermana, oltrepassarono il fiume Sangro e, conquistate le città di Chieti e Teramo arrivarono al fiume Tronto nel 1076. Qui, dopo una strenua difesa, la Marca, al comando di Guarnieri I, passò al contrattacco e nel 1077 riconquistò Teramo e avanzò verso sud, ma nel 1080 un accordo tra papa Gregorio VII e Roberto d’Altavilla sancì il definitivo confine tra la Marca Fermana e i Normanni sul fiume Tronto. Questo confine è passato alla storia come il più duraturo mai esistito al mondo, per circa 800 anni, dal 1080 al 1860, anno in cui cadde.
In questo periodo l’Imperatore ampliò il territorio della Marca Fermana fino alla Romagna chiamandolo “Marca di Ancona”. Quindi Il termine Marca di origine germanica che designava i territori posti ai confini del Sacro Romano Impero divenne poi il nome della nostra regione. Questo territorio ebbe con Dante, nel Canto V del Purgatorio della Divina Commedia la prima lettura storico-geografica, un’identità culturale e territoriale ben precisa, con le parole del fanese Jacopo del Cassero: “Ti priego, se mai vedi quel paese che siede tra la Romagna e quel di Carlo, …“. La lotta tra i comuni, l’imperatore e papato portarono la regione all’interno del nuovo Stato della Chiesa nel 1199 e vi rimase fino alla dominazione Napoleonica 1797-1814 per poi ritornare alla chiesa fino al 1860 anno in cui con la Battaglia di Castelfidardo i piemontesi la unirono al nuovo Regno d’Italia oggi Repubblica Italiana. Durante il lungo regno dello Stato della Chiesa all’interno della regione alcune potenti famiglie nobili come quelle dei Malatesta, dei Montefeltro, dei Piccolomini, dei Della Rovere, dei Da Varano, degli Sforza, degli Smeducci, dei Chiavelli ecct. diedero vita a delle Signorie ma sempre sotto il controllo del papato che concedeva e toglieva poteri, feudi e titoli. Alcuni di questi casati ci hanno lasciato monumenti unici, chiamando alle loro corti i maggiori artisti di quei tempi, o favorivano la nascita di vere e proprie scuole di arte. Prima di essi i vari ordini religiosi iniziarono a costruire abbazie e monasteri nel famoso stile romanico e poi gotico, mentre i vari feudatari in lotta fra di loro innalzarono rocche, castelli e fortificarono i loro borghi.
Uomini illustri
In questo territorio sono nati o sono vissuti innumerevoli uomini illustri che saranno ricordati per sempre, tra cui alcuni sicuramente a voi già noti.
Già al tempo dei Romani a Fermo nacque Pompeo Magno, vincitore di Spartacus e insieme a Cesare e Silla facente parte del primo triumvirato romano.
Nel medioevo si ebbe il primo dei dieci papi marchigiani Giovanni XVIII dal (1003-1009), poi Nicolò IV (1288-1292) primo francescano papa e iniziatore del duomo di Orvieto, Marcello II(1555-1555), Sisto V(1585-1590) uno dei più grandi della storia in quanto concepì un progetto di grande riqualificazione urbana della Città Eterna, affidò i lavori all’architetto Domenico Fontana e trasformò Roma nella città che oggi conosciamo, come vediamo dalle numerose iscrizioni poste su molti monumenti; Clemente VIII(1592-1605), XI(1700-1721), XIV(1769-1774), Leone XII(1823-1829), Pio VIII(1829-1830) e Pio IX (1846-1878) con il papato più lungo della storia e ultimo pontefice regnante. Santi come San Nicola da Tolentino (1245-1305) o San Giacomo della Marca (1393-1476).
A Macerata nacque il padre gesuita Matteo Ricci (1522-1610), che intraprese un’azione missionaria e scientifica in Cina, finita circa tre secoli prima con Marco Polo, riuscendo nel suo intento di raggiungere Pechino (essendo il territorio cinese proibito agli starnieri) e di essere ammesso a corte. la sua azione fu ampiamente riconosciuta dall’imperatore dopo la sua morte a Pechino, fu sepolto nel giardino di Shal dove tutt’ora riposa. L’effigie di Matteo Ricci, unico occidentale insieme ad un altro italiano, Marco Polo, compare nel fregio in marmi policromi che racconta la storia cinese all’interno del Millennium Centre di Pechino, sede delle riunioni ai massimi livelli del Partito Comunista Cinese, e alla fine degli anni settanta del XX secolo il personaggio di Matteo Ricci uscì come argomento nell’esame di stato del Paese asiatico.
Nel 1391 nacque Ciriaco d’Ancona, oggi internazionalmente considerato il fondatore dell’Archeologia e già i suoi contemporanei lo definirono “pater antiquitatis”, padre dell’archeologia.
A Jesi venne alla luce nel 1194 Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1220 fino alla sua morte nel 1250. Condottieri come Niccolò da Tolentino (1350-1435), celebrato nel famoso trittico “La Battaglia di San Romano” di Paolo Uccello, in due delle tre tele che lo componevano, ora esposte in tre diversi musei: alla National Gallery di Londra “Niccolò da Tolentino alla testa dei Fiorentini” e agli Uffizi di Firenze “Niccolò da Tolentino disarciona Bernardino della Ciarda”.
Federico da Montefeltro Duca di Urbino (1422-1482), ritratto nei famosissimi quadri di Piero della Francesca nella Pala di Brera a Milano e insieme alla moglie agli Uffizi di Firenze, passato alla storia per aver fatto edificare il Palazzo Ducale di Urbino, città Patrimonio dell’Umanità Unesco.
Nel corso del Basso Medioevo si ebbe in Italia un risveglio culturale e nelle arti pittoriche le Marche furono tra i protagonisti grazie ad artisti locali, tra i più importanti esponenti del loro tempo come il Maestro di Campodonico, di Tolentino, di Offida, Olivuccio di Ciccarello, Allegretto Nuzi, i fratelli Salimbeni e Gentile da Fabriano (1370-1427), il piu grande fra trecento e quattrocento del gotico internazionale, le sue opere sono esposte non solo nelle Marche ma anche in molti musei mondiali, inoltre il Vasari, nella sua opera “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori”, ci parla di come il divino Michelangelo ammirasse la sua arte e di come “nel dipingere avesse avuto la mano simile al nome”.
Successivamente nascevano due dei più grandi artisti del Rinascimento Italiano e di tutti i tempi, l’architetto Bramante (1444-1514) e il pittore Raffaello Sanzio (1483-1520).
Il primo progettò e realizzò le maggiori architetture ecclesiastiche italiane e a Roma, con la Basilica di San Pietro, raggiunse il massimo splendore.
Il secondo arricchì Roma e tutta Italia di capolavori ineguagliabili e non solo, e le sue opere sono presenti nei maggiori musei di tutto il mondo. Anche in Finlandia, sulla facciata dell’Ateneum Museum di Helsinki, per simboleggiare le tre forme dell’arte classica, architettura, pittura e scultura, sono stati inseriti i busti dei tre più rappresentativi artisti di tutti i tempi: Bramante per l’architettura, Raffaello per la pittura e Fidia per la scultura, a testimoniare la loro grandezza. Infatti alla prematura morte di Raffaello egli fu seppellito al Pantheon di Roma e i suoi contemporanei scrissero sulla sua tomba: “Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire”. Bramante, morto a Roma e sepolto in San Pietro, fu onorato con il seguente epitaffio: “Alessandro Magno, quando fondò la grande città alla foce del Nilo, aveva Dinocrate. Ma se l’antica terra avesse generato il Bramante, al re dei macedoni sarebbe stata cosa più gradita”.
Succesivamente altri pittori come Vincenzo Pagani, Simone de Magistris i fratelli Ghezzi si mettevano in mostra, per proseguire con Carlo Maratta celebrato come il massimo pittore italiano del suo tempo (1625-1713) e Giovanna Garzoni nata ad Ascoli Piceno (1600-1670) e famosa in tutto il mondo per le sue splendide nature morte e composizioni di fiori.
Musicisti come Pergolesi con lo “Stabat Mater” o Spontini con la “Vestale” fanno da corona a Gioacchino Rossini (1792-1868) che con “Figaro” (l’aria lirica più conosciuta al mondo) all’interno del Barbiere di Siviglia raggiunse l’apice mondiale e tutt’ora è una delle opere più rappresentate e famose.
A Recanati nacquero prima il poeta Giacomo Leopardi (1798-1837) che scrisse memorabili poesie e poi il tenore Beniamino Gigli (1890-1957) la cui stella brilla nella “Walk of Fame di Hollywood”, dopo che per 12 anni consecutivi ha inaugurato le stagioni del Metropolitan di New York.
L’architetto Giuseppe Sacconi nato a Montalto Marche (1854-1905) progettò, costruì e restaurò moltissimi capolavori, tra cui a Roma il monumento funebre a Vittorio Emanuele II re D’Italia o “Vittoriano”, ridisegnò Piazza Venezia com’è tutt’ora, e divenne il simbolo dello “stile artistico nazionale” che doveva caratterizzare il nuovo Regno d’Italia.
Lo scultore Pericle Fazzini nato a Grottammare, (1913-1987) tra i maggiori e più celebri esponenti della scultura internazionale, le sue opere sono conservate nelle più famose collezioni private e nei musei più importanti del mondo come al Tate Gallery di Londra, Art Institute di Chicago, a Montreal, in Giappone all’Hakone Open Air e al Momat, ecc… , mentre la sua opera più conosciuta è la “Resurrezione” nella sala Nervi in Vaticano.
A Chiaravalle (AN) nacque Maria Montessori (31/08/1870), morta a Noordwijk (06/05/1952), nota internazionalmente per il metodo educativo che prende il suo nome e adottato in migliaia di scuole in tutto il mondo di ogni grado, ed anche i figli di William, duca di Cambridge, George e Charlotte oggi vengono educati con questo metodo.
Ai nostri giorni vogliamo citare Valentina Vezzali, la più grande schermitrice di tutti i tempi, in quanto unica ad aver vinto tre ori nel fioretto singolare in tre edizioni consecutive alle olimpiadi, oltre a un’altra infinità di titoli e Valentino Rossi, “The Doctor”, vincitore di 9 titoli mondiali nel motociclismo ed ancora in attività.